Prendi nota

Uvc in uffici, negozi e fabbriche per evitare un nuovo, futuro Lockdown? La risposta degli scienziati

Oggi che piano piano stiamo uscendo dalla crisi pandemica possiamo e forse dobbiamo cominciare a pensare al futuro anche in relazione proprio a problematiche che potrebbero ripetersi.
I Coronavirus esistono da un bel po’ e, dato ciò che vediamo, è tutt’altro che improbabile che in futuro ce ne capiti un altro pericoloso quanto quello che stiamo sconfiggendo.
Immaginare di fermare di nuovo il mondo e la sua economia è probabilmente impensabile.

Un valido aiuto nel campo della prevenzione potrebbe arrivarci dall’uso di una tecnologia molto diffusa nel mondo, ben nota e studiata ed anzi applicata abitualmente nei settori che maggiormente necessitano di sicurezza: le sale chirurgiche ad esempio.
Parliamo dei raggi UVC: per intenderci, quelli che vedete all’opera nelle piccole camere di sterilizzazione usate per sanificare strumenti come quelli del vostro dentista.
Molto recentemente abbiamo poi visto la celebre Imoco Volley scegliere questo tipo di sanificazione per i palloni e tutta l’attrezzatura usata dalle sue atlete e ancora, una nuova macchina a raggi Uvc creata per sanificare addirittura i vigneti.

Gli Uvc sono uno dei motivi per cui virus come il “corona” si diffonde molto meno nelle stagioni calde: con l’arrivo dei raggi più caldi del sole, infatti, aumenta anche la quota di Uv presenti e qusti hanno la comprovata capacità di impedire ai virus di replicarsi, di fatto rendendoli innocui.

Nelle nostre zone, a San Stino di Livenza, esiste una delle aziende più rinomate a livello nazionale di questo settore: la Steril Line che produce sanificatori dell’aria capaci di dare una valida risposta a problemi come quelli che abbiamo incontrato con il Sars-Covid 2.

Il ragionamento è semplice: unito agli altri strumenti che già conosciamo, come il lavarsi spesso le mani e indossare le mascherine, pulire le superfici, sanificare costantemente l’aria di un ambiente consentirebbe probabilmente di non chiudere le attività produttive, garantendo un fortissimo abbattimento del rischio di contagio.

L’esempio che ci viene più facile, pur pensando agli artigiani, agli uffici e alle industrie, è con uno dei settori più penalizzati dalla Pandemia: la ristorazione.
Probabilmente, invitiamo chi di dovere a rifletterci, con un buon sistema di sanificazione dell’aria all’opera sarebbe possibile non chiudere l’intera attività, ma solo ridimensionarla un po’, consentendo dunque ai ristoratori e ai loro clienti di continuare a vivere e lavorare.

Ma siccome sono i numeri e gli esperti, ovvero gli scienziati, ad avere, giustamente, l’ultima parola, abbiamo chiesto a due di loro di spiegarci tutto meglio.
Si tratta di Gabriele Messina, Professore Associato di Igiene Generale ed Applicata, dell’Università di Siena, la cui attività
scientifica è incentrata sui sistemi di disinfezione, con particolare riferimento all’uso della luce in contesti controllati e reali.
Gabriele Cevenini, Professore Ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informatica, Università di Siena, la cui attività è incentrata sulla modellistica dei sistemi biomedici per la prevenzione sanitaria primaria e il supporto alla decisione clinica.
Da oltre 10 anni, G.Messina e G.Cevenini collaborano sinergicamente in attività di ricerca focalizzata alla ingegnerizzazione di tecniche di disinfezione con sorgenti UV classiche (lampade) ed innovative (Chip e LED).

Si fa un gran parlare di sistemi di disinfezione UVC come uno strumento valido per la lotta alla diffusione del virus.
Ma questo sistema funziona veramente?

Ogni tecnologia andrebbe utilizzata conoscendone limiti e vantaggi.
Gli UVC sono un efficace e rapido mezzo di disinfezione di tipo fisico, con vantaggi e svantaggi rispetto a quelli chimici.
I principali vantaggi sono che: 1) non inquinano; 2) sono praticamente efficaci su tutti i microorganismi, anche quelli resistenti ad antibiotici ed agenti chimici; 3) generalmente sono un buon compromesso costo/efficacia.
I principali svantaggi sono la loro potenziale pericolosità per l’uomo e la incapacità al superamento degli ostacoli infrapposti tra la sorgente e gli oggetti/elementi da disinfettare.

Quali sono i criteri per scegliere un sistema di sanificazione UVC efficace?

La potenza delle sorgenti UVC è molto importante, ma l’ingegnerizzazione dei sistemi è fondamentale, può fare la differenza tra un sistema inefficace e uno altamente efficace.
Chi produce questi apparecchi da anni conosce gli elementi che devono essere considerati per avere sistemi efficaci e sicuri.
Vorremmo precisare anche che, contrariamente a quanti molti dicono, gli UVC non sanificano.
Gli UVC disinfettano (sanificazione= rimozione + disinfezione).
Ad essere inoltre ancora più precisi, è improprio anche usare la parola “sterilizzazione” poiché il meccanismo di azione principale degli UVC non è quello di “uccidere” i microbi ma di renderli incapaci a replicarsi.

Vediamo spesso promozioni pubblicitarie di sistemi di disinfezione dell’aria molto economici ed altri più complessi e costosi. Quali sono i suggerimenti che vi sentite di dare a chi valuta l’acquisto di questi sistemi?

Dipende da quale è la finalità dei sistemi, cioè se devono svolgere la loro azione in presenza o assenza di persone e in tempi brevi, medi o lunghi.
Indubbiamente ci sono in commercio ormai molti sistemi, anche estremamente economici, per la disinfezione dell’aria.
La differenza sostanziale è la loro efficacia, inversamente proporzionale al costo economico.
Quelli economici hanno tempi di disinfezione dell’aria piuttosto lunghi (anche varie ore) durante i quali non ci devono essere persone presenti o non ci devono essere aperture verso ambienti esterni contaminanti.
La decontaminazione dinamica di ambienti in presenza di persone ed in tempi rapidi (vari minuti) richiede generalmente sistemi molto potenti e quindi anche costosi, quest’ultimo può ridursi solo attraverso un elevato grado di ottimizzazione ingegneristica.

Leggiamo che il principale veicolo di diffusione del virus è per il 90% l’aerosol, questa è un’affermazione corretta?
Ai fini della riduzione del rischio di contagio all’interno di ambienti chiusi è più efficiente disinfettare l’aria o le superfici?

I virus si trasmettono in molti modi: tramite goccioline emesse da bocca e naso di un soggetto infetto ma anche tramite contatto. Sebbene il virus Sars Cov2 sia in generale più trasmissibile tramite aerosol, il contagio dipende da molti fattori, quali la distanza, le corrette pratiche igieniche come la disinfezione delle mani, l’uso di sistemi di protezione individuali (mascherine, guanti, ecc.). Le mani sono senza dubbio il principale mezzo di trasmissione delle infezioni e, anche proteggendosi direttamente da contagi aeriformi, un loro contatto con una superficie contaminata e un successivo contatto col naso o la bocca, frequentissimo nella vita quotidiana, può essere rischioso.

Quali benefici in termini di abbassamento del rischio % può fornire l’uso costante di un sistema di disinfezione dell’aria in un ambiente chiuso?

Un sistema per cui sono stati fatti dei test in cui si dimostra una efficacia anche importante nell’abbattere alti livelli di carica virale non è detto che sia in grado di fornire una riduzione del rischio se non correttamente contestualizzato.
Per spiegarci meglio, possiamo fare il seguente esempio: un sistema che muove 10m3/h di aria in un ambiente che ha un volume d’aria di 60 m3, impiega 6 ore per trattare un’aria “statica” che è presente nella stanza.
Anche nell’ipotesi che il passaggio dell’aria trattata riduca di oltre il 99,99% la concentrazione di un virus aerodisperso, il problema è che impiega del tempo per farla passare tutta e qualsiasi azione esterna contaminante più rapida, che intervenisse, anche inavvertitamente, ne abbasserebbe drasticamente l’efficacia.
Altra considerazione è che spesso questi test sono fatti in ambienti controllati, dove è posta una concentrazione nota di un virus aerosolizzato, per la verifica dell’efficacia del sistema (ovvero la capacità di inattivare i virus).
In realtà, questi test controllati non considerano che il sistema andrà poi ad essere utilizzato in un contesto completamente diverso: la contaminazione che si ha in un ambiente in cui sono presenti dei soggetti non è un numero fisso a cui si sottrae progressivamente la quota di quella che viene trattata via via dal sistema; si ha infatti una continua contaminazione da parte dei soggetti che sono presenti nell’ambiente.
Nell’esempio di prima, della stanza da 60 m3, è solo in teoria che occorrano 6 ore per annullare completamente la contaminazione.
In realtà a zero non si arriverà mai: la presenza di anche solo una persona renderebbe irrealizzabile questa condizione.
Il sistema avrà un qualche effetto, ma, in termini pratici, la dimensione della stanza ed il continuo inquinamento dato dalla persona renderanno poco probabile raggiungere una significativa riduzione del rischio.
A parità di efficacia disinfettante statica del sistema, affinché il sistema possa essere efficace anche in un ambiente di contaminazione dinamica, dobbiamo agire, sulla portata di aria trattata nell’unità di tempo.
Per avere un significativo abbassamento del rischio occorre dunque dotarsi di sistemi più potenti ed imponenti, ad elevato livello tecnologico, il cui costo economico è anche 10-100 volte superiore a quelli più economici.
Per comprendere meglio questa affermazione, basti pensare alle sale operatorie, dove, per ridurre al minimo il rischio di infezione dei pazienti, oltre a indumenti, mascherine e mezzi per impedire la contaminazione ambientale ed umana da parte degli operatori (chirurghi e personale ausiliario), abbiamo sistemi imponenti che garantiscono 15-20 ricambi d’aria all’ora.
Considerando che una sala operatoria standard è circa 90 m3, è facile intuire che c’è un ricambio completo dell’aria in 5-6 minuti circa.
L’aria che è immessa in sala passa inoltre attraverso dei filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air filter) che sono in grado di trattenere particelle di 0.3 micron, sebbene sottoposti a pressioni e portate di aria molto alte.
Da qui si può intuire come, in un contesto non così ‘spinto’ es. una sala operatoria, il sistema appropriato debba essere considerato avendo come riferimento: il volume dell’ambiente, il numero di occupanti, la possibilità di areazione con aria salubre proveniente dall’esterno.
In estrema sintesi, un sistema veramente efficace ed efficiente deve poter ridurre il rischio in un contesto reale e con la presenza di persone.

Con un sistema di disinfezione dell’aria unito all’uso di mascherine si abbatte totalmente il rischio di contrarre il virus?

La parola totalmente non è mai spendibile appieno quando si ha a che fare con i microorganismi/virus patogeni: certamente, sistemi con un buon sistema UVC, capaci di trattare velocemente l’aria ambientale in combinazione ad efficaci mascherine permettono di raggiungere una riduzione del rischio piuttosto elevata, sostanzialmente in grado di rendere poco probabile un contagio, soprattutto se si adottano ulteriori precauzioni connesse con la sanificazione degli ambienti e la disinfezione delle mani.

Se queste apparecchiature hanno una efficacia nella lotta alla diffusione del virus, perché sono state cosi poco utilizzate e diffuse?

Prevalentemente per mancanza di cultura, per mancanza di sensibilità, per mancanza di visione.
Su ognuna di queste mancanze si potrebbe scrivere un capitolo di un libro.
In estrema sintesi: la cultura dell’igiene come elemento di prevenzione primaria (impedire che si trasmetta e ci si ammali) è purtroppo poco diffusa e solo a causa del pandemia è prepotentemente tornata in auge.
Il più delle volte non si comprende che prevenire è meglio che “combattere” e curare.
Altresì, la prevenzione ha bisogno di investimenti e formazione (che non vengono da sé e che necessitano degli investimenti anche a lungo termine) perché possa funzionare.
C’è anche bisogno di una visione che vada oltre quello che è il problema contingente, del singolo momento.
Dovrebbe essere programmata in modo strategico.
Purtroppo viviamo in un contesto dove ci si aspetta il tutto e subito, dove il problema si affronta solo se si presenta (investendo, e per lo più poco e male perché non adeguatamente preparati).
Ovvio che questo approccio “mordi e fuggi” non può garantire dei risultati.
Dovremmo cambiare visione.
C’è chi lo sta facendo.
Basta guardare in USA, come queste tecnologie, valutate anche con elementi evidence based, in un sistema sanitario diverso dal nostro (assicurazioni sanitarie) abbiano dimostrato portare un risparmio economico, nella riduzione delle infezioni correlate all’assistenza (molto onerose nelle cure) oltre che a ridurre la mortalità.
Tali apparecchiature UV inoltre, come detto, necessitano di una attenta ingegnerizzazione e dei necessari test di verifica e revisione, fotometrici e microbiologici, anche in ambienti reali, cioè di processi laboriosi, complessi, costosi, i cui tempi giusti per garantirne l’efficacia possono essere anche di svariati mesi.

Con l’arrivo dei vaccini è ancora opportuno pensare all’utilizzo di sistemi di disinfezione dell’aria con UVC? Assolutamente sì. La guardia non andrebbe mai abbassata.
Probabilmente, se avessimo avuto più cultura nella prevenzione, efficienti mezzi tecnologici (per esempio, sistemi di tracciamento validi, modelli matematici predittivi a supporto di decisioni corrette e rapide, ecc.) per lottare contro la pandemia, essa non si sarebbe diffusa con tale veemenza.
Dobbiamo diffondere la cultura della prevenzione primaria, per prepararci a bloccare sul nascere, o quanto meno a combattere più efficacemente e in tempi rapidi, la prossima eventuale emergenza pandemica.

In futuro ci troveremo di nuovo a fare i conti con virus a larga diffusione come quello che provoca il Covid Sars2?
La probabilità che accada non è trascurabile.
Basti pensare come oggi in sole 24 ore sia possibile fare il giro del mondo ed incontrare centinaia di persone.
Solo questo elemento gioca un ruolo importante nella diffusione delle malattie infettive a trasmissione aerea.
Dobbiamo imparare molto da questa esperienza.

Esistono dei rischi nell’uso dei sistemi di disinfezione dell’aria con lampade UVC?
Esistono, ma sono nulli o trascurabili se i sistemi sono ingegnerizzati correttamente anche sul fronte sicurezza.
Infatti, l’elevata potenza delle lampade UVC causerebbe danni seri alla salute umana, se la loro radiazione venisse accidentalmente diretta anche per pochi secondi verso la cute o, peggio, verso gli occhi.

La disinfezione dell’aria attraverso Lampade UVC sostituisce al 100% la necessità di ricambiare l’aria di un ambiente?
No. Il ricambio dell’aria va comunque consigliato.
Ricordiamoci che questi sistemi riducono il rischio a differenti livelli, ma non lo annullano mai completamente.
Ogni altra semplice azione per rendere l’aria salubre andrebbe adottato a prescindere dall’usare o meno un sistema tecnologico di disinfezione.

Con un sistema di disinfezione dell’aria un negozio potrebbe ospitare più persone di quante autorizzate con le recenti norme?
In linea di massima ciò sarebbe possibile, ma è difficile quantificare esattamente quante persone possono occupare uno spazio chiuso di una certa dimensione con un sistema di igienizzazione in azione, senza precisi test.
Inoltre, le recenti norme vanno nella direzione di una riduzione del rischio di contagio, senza tuttavia scongiurarlo del tutto. Pertanto, la risposta è sì, ma solo se il dispositivo è stato accuratamente testato e certificato per tali situazioni da enti affidabili. Altrimenti è fortemente sconsigliabile.
Dare false sicurezze è più dannoso che gestire il rischio nella sua forma stessa.

Si potrebbe ipotizzare una regolare apertura dei negozi e delle attività commerciali che utilizzano sistemi di disinfezione con lampade UVC?
Con le giuste cautele (rispetto delle norme igieniche generali) e con impianti UVC testati come veramente efficaci, certamente sì.

Considerazioni finali
Nella nostra esperienza universitaria di ricerca, sviluppo, innovazione e transfer tecnologico, abbiamo supportato e stiamo tuttora supportando molte aziende per i loro prodotti.
Li prendiamo a diversi livelli di progettazione e cerchiamo sempre di dare loro una etichetta scientifica rigorosa, proponendo soluzioni innovative, ma anche riconducendo troppo facili entusiasmi entro binari di correttezza.
Coinvolgiamo le aziende in questo processo, rendendole partecipi e consapevoli delle varie fasi dello sviluppo tecnico e delle verifiche, ivi compreso il riconoscimento dei limiti del prodotto, con una particolare attenzione al costo economico e ai valori commerciali generabili.
Infine, non facciamo solo test di laboratorio per il rispetto delle normative vigenti, ma ci spingiamo ad effettuare vere e concrete prove sul reale campo di applicazione.
La ricerca in questo settore multidisciplinare (meccanica, elettronica, ottica, fluidodinamica, microbiologia, igiene pubblica, design, ingegneria) è molto stimolante e noi, con il nostro eterogeneo team, la affrontiamo sempre con rinnovato entusiasmo.
Lavoriamo su un presente ricco di innovazioni tecnologiche, ancora ignote o poco note al pubblico, ciò ci fa avere uno sguardo sul futuro, dove i recenti rapidi avanzamenti sul fronte delle sorgenti LED UV (e delle tecniche correlate) fanno prevedere importanti trasformazioni tecnologiche.
Pertanto, riusciamo talora ad anticipare i tempi di sviluppo, progettazione e prototipazione, per avere prodotti pronti sul mercato al momento giusto.
A conclusione di tutto ciò, vorremmo riassumere sinteticamente la nostra opinione, affermando che gli attuali sistemi tecnologici basati sui raggi luminosi UVC, ma anche UVB, UVA e persino nella gamma del visibile prossima agli UV (nearUVA), rappresentano dei validi e potenti supporti alla lotta contro le infezioni, le epidemie e le pandemie.
Essi, tuttavia, devono essere necessariamente accompagnati da una attenta progettazione, da un corretto uso e dimensionamento delle sorgenti luminose disinfettanti per specifiche applicazioni, e devono soprattutto essere state sottoposte a un testing tecnico-scientifico serio ed accreditato delle loro performance biocide, sia in laboratori controllati, sia in ambienti reali di utilizzo.
Ci sentiamo quindi di consigliare l’uso di sistemi tecnologici basati sui raggi UV che siano associabili a tali caratteristiche e siano al contempo corredati da documentazioni/certificazioni rilasciate da enti accreditati

Prof. Gabriele Messina Associato di Igiene Generale ed Applicata Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo Università di Siena
Prof. Gabriele Cevenini Ordinario di Bioingegneria Dip. di Biotecnologie Mediche Università di Siena

Articoli correlati

Back to top button