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Studio dei camosci del Monte Grappa: avviato il monitoraggio degli animali con radiocollare

Sono iniziate le operazioni preliminari al progetto di studio dell’Università di Sassari in collaborazione con la Regione Veneto, che ha come obiettivo l’analisi dei comportamenti dei camosci del Monte Grappa, alla luce dell’aumento delle temperature e del cambiamento climatico. I primi sette esemplari sono stati individuati sulle pendici del massiccio in un’operazione congiunta delle Polizie Provinciali di Belluno, Treviso e Vicenza: è stata scelta in particolare l’area di Cima Grappa, dove da oltre un mese erano stati predisposti i siti di studio, in un lavoro coordinato dagli agenti della Polizia Provinciale di Belluno.

I camosci sono stati individuati, temporaneamente sedati e successivamente dotati di radiocollare, prima di essere rilasciati, il tutto con le cure del caso dei veterinari, addetti a preparare le dosi di anestetico e a monitorare la sedazione.
Sono stati scelti solo esemplari maschi, in quanto per le femmine questo è il periodo della riproduzione.
Nei prossimi mesi, i loro spostamenti saranno analizzati dall’equipe di zoologia dell’Università di Sassari; ma già dalle scorse ore sono stati rilevati i primi fix di tracciamento.
Inoltre, in un secondo momento verranno individuati altri camosci, sempre con lo scopo di radiocollarare e studiare gli animali del massiccio del Grappa.

LO STUDIO
Il progetto di studio è finanziato dal Pnrr e fa capo al Centro nazionale per la biodiversità, guidato dal Cnr. Si prefigge di osservare come i camosci stanno cambiando le loro abitudini in base all’aumento della temperatura e anche alla presenza del lupo, tornato in pianta stabile sul Monte Grappa.

Gli studi recenti sul camoscio rivelano che per effetto del cambiamento climatico le popolazioni alpine sono in diminuzione, con esemplari giovani per lo più deboli.
Tuttavia, alcune popolazioni di bassa quota sembrano rivelare una resistenza e uno stato di salute maggiore.
L’ipotesi che il progetto del Monte Grappa punta a confermare è che il bosco – presente in gran parte del massiccio – possa rappresentare un’area rifugio, soprattutto nella funzione di attenuare l’effetto dell’aumento della temperatura.

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