Venezia

Portogruaro/Gianfranco Pavan racconta la sua esperienza all’Ospedale

Gianfranco Pavan è personaggio piuttosto noto a Portogruaro, dove in passato ha rivestito anche il ruolo di Assessore. Di recente, a causa di un intervento programmato al ginocchio, Pavan ha testato in prima persona funzionalità e professionalità dell’ospedale di Portogruaro.
Quella che riportiamo qui sotto è una sorta di lettera aperta – riflessione che scaturisce da quell’esperienza.

Da tempo avevo bisogno di una protesi al ginocchio e per questo ho iniziato ad informarmi su dove e chi potesse darmi le maggiori garanzie per un buon intervento, indipendentemente dalla distanza o altro.
Nel corso di questa ricerca ho appreso che sono molte le eccellenze, sia in Veneto che nel vicino Friuli, ma alla fine la mia scelta è caduta sull’ortopedia dell’ospedale di Portogruaro, riferimento regionale per la sua storia e per la grande professionalità dei suoi medici, dal dott. Motta al dott. Rota, per arrivare all’attuale primario dott. Luigino Turchetto.
Si sa che una grande scuola genera allievi di qualità.
Ho procrastinato l’intervento perché la vita della nuova articolazione potesse coprire il più possibile il mio fabbisogno futuro.


Quando mi è stato indicato che l’intervento era infine indispensabile eravamo in piena pandemia e dovetti attendere i primi di settembre per la visita in cui l’ortopedico ipotizzo l’intervento per i primi del 2021.
I primi di febbraio mi chiamarono a fare gli esami propedeutici all’intervento, tutto velocissimo e perfettamente sincronizzato.
Poi il covid 19 ci rimise lo zampino e le attività furono sospese, a fine aprile mi richiamarono e riprogrammarono gli esami in vista dell’intervento con la medesima perfetta organizzazione.
Il 3 giugno fui ricoverato e il mattino seguente mi operarono di buon’ora.


Osservai che le attività delle sale operatorie si protrassero per tutto il giorno fino a tardi, così come i giorni che seguirono.
Dopo un’esperienza minore, di breve durata, questo era il mio primo ricovero in ospedale a Portogruaro, e ho sperimentato sulla mia persona la sua organizzazione.
Da subito fui profondamente stupito per organizzazione e la professionalità del reparto, ma ciò che più mi ha colpito è stata la grande umanità e disponibilità di tutto il personale: una gentilezza e una generosità vera per tutti gli ospiti che dipendevano in tutto e per tutto da loro.
È stato un piacere vedere tanti giovani del corso di laurea infermieristica di Portogruaro in stage nei vai reparti, dove, oltre all’esperienza professionale, coltivavano gentilezza e disponibilità, a conferma della bontà delle scelte fatte dall’amministrazione comunale.


Al termine del periodo di degenza in ortopedia, sono stato trasferito in medicina riabilitativa dove si confermavano tutte le qualità organizzative, professionali e umane già sperimentate e dove la mia persona è stata curata anche da simpatia ed empatia.
La mia esperienza si è conclusa in un mese con il recupero completo dell’articolazione, compatibilmente con la guarigione completa della ferita ed il recupero della massa muscolare che avverrà naturalmente in tempi più lunghi.
Sin dall’inizio del mio percorso ero curioso di capire quali fossero le reali condizioni di questo presidio ospedaliero, tenuto conto che strutturalmente l’ultimo importante intervento risale a trent’anni fa (a parte la recente donazione della famiglia Marzotto).


In campo sanitario l’adeguamento delle strutture per rispondere al meglio alle nuove esigenze sanitarie e tecniche è fondamentale così come lo sono gli impianti tecnologici.
Una sana gestione di un presidio ospedaliero non può prescindere da spazi adeguati e ben organizzati, da isolamenti termici ed acustici, impianti tecnologici di riscaldamento e raffrescamento e dalla possibilità di ricircolo dell’acqua calda che ne permetta un’immediata fruibilità, senza sprechi, così come da una puntuale manutenzione delle attrezzature.
Durante tutto il tempo del mio ricovero il mio pensiero si è focalizzato sul ruolo di questo ospedale per il nostro territorio anche in virtù dei tanti dibattiti e ipotesi di delocalizzazione.


Un ospedale organizzato con un pronto soccorso, sale operatorie e di rianimazione e con reparti che integrino l’offerta sanitaria aggiungendo esperienza, professionalità e presenza è assolutamente indispensabile per dare maggiori probabilità di sopravvivenza a tutti quei casi dove il tempo è fondamentale. Ma non solo.
Le tante specialità risultano indispensabili per rispondere ai bisogni più elementari della nostra popolazione con malattie croniche, degenerative o che necessitino di lungodegenza.
La lungodegenza è stata chiusa da molto tempo e trasferita a Jesolo con le conseguenti ricadute a danno delle famiglie in termini di salute, costi e tempi dilatati, data la distanza, il traffico (soprattutto in estate) e i mille imprevisti che portano a un quasi abbandono del congiunto.


Il progetto iniziale doveva vedere nascere nel territorio un insieme di servizi che avrebbero garantito una gestione domiciliare adeguata, attività queste mai completamente decollate.
Da ciò scaturisce la saturazione del reparto di medicina, al punto da non riuscire a rispondere ai tanti bisogni di assistenza anche molto gravi, inclusi quelli oncologici.
La nostra popolazione ha realizzato ben prima della sanità nazionale l’ospedale San Giovanni dei Battuti, che poi con legge nazionale fu conferito all’AULSS, a conferma di un importante bisogno locale, che con il tempo e lo sviluppo dell’area è cresciuto anno dopo anno.


Ancora, la presenza nel nostro territorio dell’ospedale, ha portato ricchezza culturale e sociale, grazie ai tanti professionisti che ci hanno lavorato e a quelli che hanno scelto di rimanere per le qualità di quest’area. Anche a livello occupazionale siamo dinnanzi a una delle prime realtà del territorio.
Troppo lunga la lista e troppe esperienze da citare con la loro straordinaria integrazione in tutti i campi della nostra società, dalle associazioni di volontariato a quelle culturali, fino alle amministrazioni.
Da questa esperienza si è rafforzata in me convinzione che la sanità non è di una parte politica ma patrimonio di tutti, dal primo all’”ultimo” cittadino, va difesa con tutte le energie di cui disponiamo, e a gran voce vanno chiesti oggi più che mai investimenti finalizzati all’adeguamento delle infrastrutture e dell’offerta sanitaria che meritiamo.

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