La morte del 26enne Alvise Donà/Veneto Strade risarcisce, il Comune ancora no

Se un Ente che gestisce 2mila km di asfalto ammette che un incrocio era colpevolmente pericoloso significa che il problema era concreto.
Va dato atto a Veneto Strade di essersi messo una mano sulla coscienza e alla sua compagnia assicurativa, Allianz, di aver onorato gli accordi, risarcendo per la propria parte i familiari di Alvise Donà, assistiti da Studio3A-Valore S.p.A.: risarcimento che per loro non era una questione economica ma di principio.
Se però quest’epilogo li ha rinfrancati, è profonda l’amarezza per l’atteggiamento di quello che, veneziani del centro storico, è il loro Comune, corresponsabile nella gestione del punto nero dove il giovane ha perso la vita e che la sua parte non l’ha fatta, non facendosi più sentire.
La vicenda del 26enne tecnico informatico di Cannaregio è tristemente nota.
L’11 novembre 2018, alle 18, Alvise esce dalla Nave de Vero, a Marghera, per raggiungere la fermata dell’autobus e recarsi a Mestre, attraversa via Padana, all’incrocio con via dell’Avena, ma viene falciato da una Mercedes condotta da un automobilista di Chioggia.
L’impatto non gli lascia scampo.
La tragedia riapre le polemiche sulla pericolosità e contraddittorietà di quel tratto di viabilità.
Via Padana, sino a un centinaio di metri a monte del punto d’urto, è una strada urbana con limite di velocità di 50 km/h, ma dopo il cartello di “fine centro abitato” di Marghera diviene una extraurbana, gestita da Veneto Strade, e soggetta al limite di 90 km/h, nonostante l’ambito urbano in cui è inserita non muti, almeno sino ad oltre l’intersezione con via dell’Avena, dove è successo l’incidente e dove si trovano le fermate dei bus extraurbani.

Non si contano i sinistri di cui è stata teatro quell’intersezione, passaggio obbligato per centinaia di pendolari. Una situazione resa ancora più insidiosa, all’epoca, dalla mancanza, per ben più di centro metri, di attraversamenti pedonali segnalati.
Dopo la tragedia dalla community Facebook “Buongiorno Marghera” è così partita una petizione firmata da centinaia di cittadini per promuovere la messa in sicurezza di quel pericoloso luogo.
Ma a dare la “scossa” è stata la richiesta danni che Studio3A ha presentato il 17 luglio 2019, chiedendo le coperture assicurative sia a Veneto Strade, come soggetto gestore della strada, sia al Comune di Venezia, dove essa ricade e a cui l’Ente regionale aveva sollecitato la messa in opera di un passaggio pedonale già dal febbraio 2017.
I genitori e la sorella della vittima, infatti, sono stati risarciti, dopo una trattativa con la compagnia di assicurazione dell’auto investitrice condotta dalla Responsabile d’Area Daniela Vivian e al cui conducente è stato riconosciuto un concorso di colpa.
Si è però ritenuto di chiamare in causa anche gli Enti pubblici interessati in virtù delle carenze di sicurezza dell’arteria, tanto più in presenza della fermata Actv.
Tanto che la perizia dell’esperto, l’ing. Enrico Dinon, aveva concluso che “in quel tratto, nonostante la oggettiva pericolosità e presenza di fermate di autobus, sono del tutto assenti attraversamenti pedonali segnalati e/o un limite di velocità compatibile con un arresto tempestivo dei veicoli in presenza di pedoni in carreggiata.
Ciò non è conseguenza di oggettive difficoltà operative, ma solo di un’inaccettabile inerzia da parte degli enti preposti”.
Sta di fatto che pochi giorni dopo la presentazione della richiesta danni, nell’agosto 2019, sul luogo dell’incidente sono apparsi un semaforo a chiamata per l’attraversamento pedonale con relativo cartello installato su un palo a pastorale, implicita ammissione che quell’intersezione necessitava di interventi urgenti di messa in sicurezza.
Per la sorella Annalisa, che tanto si era spesa in questa battaglia, quanto meno la consolazione che la morte del fratello non è stata vana e che potranno essere evitati altri drammi, ma con un immenso rammarico: ”se quel semaforo fosse stato messo a tempo debito, aveva commentato, viste tutte le segnalazioni fatte per la pericolosità di quella maledetta strada, mio fratello sarebbe ancora vivo”.
Come spesso capita, infatti, la risposta della pubblica amministrazione è arrivata troppo tardi per Alvise, e di questo ritardo i suoi cari e Studio3A hanno chiesto conto.
Si è così giunti a definire in via informale e stragiudiziale un risarcimento in capo a Veneto Strade (per circa un terzo) e al Comune di Venezia (per la restante parte), ma se l’ente regionale e la sua assicurazione, Allianz, hanno mantenuto gli impegni e risarcito la famiglia Donà, il Comune e la sua compagnia assicurativa, i Lloyd’s, come detto, non rispondono da mesi ai solleciti: inutile anche l’appello lanciato sui media direttamente al sindaco Luigi Brugraro dai familiari del giovane.
I quali saranno dunque costretti a intentare anche una causa, che di sicuro vinceranno, vista l’ammissione di responsabilità di Veneto Strade che pesa come un macigno, ma che li obbligherà a trascinare ancora per anni questa dolorosa vicenda nelle aule di tribunale.