La maxi truffa napoletana del Superbonus/Un giro da oltre 100 milioni di euro: casi anche in Veneto e Fvg

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza richiesto nella fase delle indagini preliminari dalla Procura della Repubblica di Napoli, riguardante circa 110 milioni di euro di crediti d’imposta relativi al “Superbonus 110%”, nei confronti di un Consorzio operante nel settore, nonché perquisizioni e sequestri nei confronti di altri soggetti che sarebbero, a vario titolo, coinvolti nell’attività delittuosa.
In totale sono state eseguite perquisizioni e sequestri presso le residenze di 21 persone, nelle sedi di 3 enti/società nonché sequestri preventivi di crediti presso 16 soggetti (istituti finanziari, società e persone fisiche).
L’attività trae origine da un’analisi di rischio sviluppata dall’Agenzia delle Entrate – Divisione Contribuenti – Settore Contrasto Illeciti sulla spettanza del bonus in materia edilizia previsto dal Decreto “Rilancio”.
Com’è noto, si tratta del famoso rimborso del 110% sull’ammontare delle spese sostenute per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, finalizzati a mettere in sicurezza gli immobili dal rischio sismico o migliorarne il rendimento energetico.
Il beneficio riconosciuto dalla legge consiste nella detrazione fiscale, cedibile a terzi e quindi monetizzabile.
L’analisi dell’Agenzia delle Entrate prima e gli accertamenti della Finanza poi avrebbero fatto emergere una froude estesa a buona parte della Penisola, Veneto e friuli Vg compresi.
Attraverso una rete di procacciatori, il Consorzio si sarebbe proposto a privati cittadini interessati al superbonus, facendo stipulare loro dei contratti per “appalto lavori con cessione del credito d’imposta” e chiedendo la consegna della documentazione necessaria, salvo interrompere subito dopo i rapporti, ovvero eseguire solo la parte burocratica.
Questo perchè, ricevuti i contratti, il Consorzio avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei committenti, in cui si faceva riferimento ad uno stato di avanzamento dei lavori di almeno il 30% (percentuale minima richiesta per vantare la cessione del credito d’imposta);
Fatture che i privati non sapevano nemmeno di aver ricevuto e a fronte di lavori mai eseguiti.
I lavori svolti dal Consorzio sarebbero stati confermati da professionisti abilitati, ma presentavano rilevanti anomalie.
L’operazione consentiva al Consorzio di incassare oltre 109 milioni di euro di crediti d’imposta, accumulati da dicembre 2020, poi ceduti a intermediari finanziari, ottenendo un netto che supera gli 83 milioni di euro.
Da questa constatazione, i provvedimenti giudiziari odierni tesi ad interrompere quanto prima il “businness”.
L’indagine ha interessato parecchie regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto.