Venezia

Incidente mortale/La famiglia del 26enne rimasto ucciso spera in una dura sentenza contro il 70enne di Portogruaro alla guida dell’auto

“Chi ci ha tolto Flavio merita il carcere. O una pena che sia di monito per chi uccide alla guida senza curarsi delle conseguenze”.
I famigliari di Flavio Ermacora, difesi da Target Risarcimenti, chiedono al giudice il massimo della pena per il conducente
della Dacia Sandero che uccise il motociclista il 12 ottobre 2019.
“Ci auguriamo che il giudice possa condannare con formula piena l’omicida stradale che ha interrotto troppo presto la giovane vita piena di progetti del nostro Flavio. Per come si è comportato, l’automobilista merita il carcere”.
Non hanno dubbi i famigliari di Flavio Ermacora, il motociclista di Muzzana del Turgnano che, a 26 anni appena compiuti, ha perso la vita a poche decine di metri da casa lungo la strada Statale 14, nel tratto tra San Giorgio di Nogaro e Muzzana, alle 19.30 del 12 ottobre 2019 in seguito a uno scontro frontale con l’auto Dacia Sandero condotta da E. Z., 70enne di Portogruaro.
Lo rendono noto a pochi giorni dall’udienza programmata per il 6 luglio nell’ambito del processo penale per omicidio stradale presso il tribunale di Udine a carico dello stesso imputato che, a oltre 20 mesi dall’incidente, attraverso il suo legale ha di recente fatto
avere ai famigliari della controparte una lettera di scuse.
“Come famigliari siamo ancora più offesi ed avviliti di prima per questa lettera che è talmente formale e non sentita da risultare non credibile e obiettivamente strumentale” spiega il padre Lionello Ermacora “prima di tutto perché arriva alla vigilia dell’udienza dopo oltre un anno e mezzo di silenzio, utile evidentemente solo per chiedere uno sconto di pena.
Né l’imputato, ma neanche gli altri passeggeri della Dacia Sandero che ha travolto Flavio, si sono avvicinati a noi famigliari per sincerarsi dell’accaduto il giorno dell’incidente, ma neppure nessun messaggio dal conducente è mai arrivato, o contatto con la nostra famiglia è mai avvenuto, nei mesi successivi. Addirittura all’udienza preliminare non si sono presentati né l’imputato, né l’avvocato”.
“Senza contare” continuano i famigliari di Ermacora “le gravi illazioni contenute nella memoria presentata dalla difesa dell’automobilista che, basandosi su parole postate nei social 6 anni prima, è arrivato addirittura a postulare come causa dell’accaduto la spericolatezza di Flavio, che invece, al contrario, era sempre stato molto prudente alla guida, compiendo
continue revisioni alla moto e bardandosi ogni volta che la guidava con gli indumenti protettivi e il casco”.
“Dal canto nostro invece non sappiamo cosa pensare sulla condotta del conducente della Dacia Sandero” continuano “che dopo l’incidente si è fermata a circa 200 metri dal punto d’impatto, con l’erogazione di carburante interrotta dalla centralina per
l’esplosione degli airbag. Per noi famigliari c’è stata perlomeno omissione di soccorso nei confronti di Flavio se non, nella peggiore delle ipotesi, addirittura un tentativo non riuscito di allontanarsi dal luogo dell’incidente”.
Strazianti le testimonianze del fortissimo legame della madre e della sorella con Flavio Ermacora.
“Dormo con la sua foto sotto il cuscino da quando la mia vita si è fermata con la sua oltre 20 mesi fa, che il giudice faccia giustizia perché la nostra è una famiglia distrutta” confessa la mamma Bernardetta “Flavio l’ho partorito dopo 13 anni di tentativi e
5 aborti, era lui che doveva partecipare al mio funerale, non io al suo.
Penso a lui ogni istante dal giorno dell’incidente e certe volte mi ritrovo a urlare dal dolore quando rimango da sola.
Ad ogni passaggio di una moto lungo lungo la strada rivivo la sua tragedia, è molto dura vivere così, se rimango in vita è per mia figlia Greta. Aveva tanti progetti, ora interrotti per sempre, non troviamo pace”.
“Anche se non lo dava a vedere, era un fratello maggiore molto premuroso” ricorda sua sorella Greta, “quello che ti dice ‘smettila di studiare sempre, andiamo a fare in giro per staccare’, oppure ‘so che vuoi andare in quel posto ma sei stanca, ti ci porto io’.
Mi ricordo il suo sguardo fiero alla mia laurea, stesso sguardo che se solo ci penso adesso mi fa molto male.
Penso al bene che ci volevamo, al fatto che non è giusto non vederlo girare per casa, al fatto che non potrò vedere tutti i suoi sogni realizzarsi e lui non vedrà i miei, che non potremo supportarci quando saremo grandi. Più ci penso e più mi sento sola”.

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